GABRIELS 10/10

DAL 22 SETTEMBRE AL 21 OTTOBRE 2022

a cura di Daniele Brocchi

direzione artistica Paolo Stirpe

 

di Julie Kögler

Più anime abitano il mondo di Gabriels. Artista e filosofo, studioso delle materie e scultore dei pensieri, attraverso le sue raffinate creazioni Gabriels cerca un valore simbolico, L’essenza e l’ambiguo.

Visitando l’atelier di Gabriels, culla delle idee e degli innesti per le sue creature, situato in una villa tra i pendii tranquilli dei Castelli Romani, si schiude una sorta di bottega da alchimista, dove oggetti bizzarri e rarità pregiate convivono accanto alle attrezzature del perfezionista e ad utensili di qualsiasi genere, resine, plastiche e colori.

Punto di partenza per le sue opere scultoree sono dei disegni di piccolissime dimensioni, abbozzati mediante una sorta di “écriture automatique”, seguendo il flusso della linfa creatrice che non necessita di mediazioni cerebrali. Questo istante di grande ispirazione guidata dall’inconscio è uno dei rari momenti nell’opera di Gabriels in cui sia lasciato uno spazio non programmato alla follia di chi è capace di scrutare dentro di sé e di sublimare artisticamente il trauma o il piacere delle scoperte interiori.

Tali scoperte sono forse gli innumerevoli tasselli che costituiscono il suo straordinario bagaglio filosofico e culturale, maturato attraverso gli stimoli della sua vita personale. L’artista sceglie uno o due di questi disegni “casuali” per ingrandirli, e, spogliandoli di tutti i connotati superflui, cerca di trovare una forma il più possibile essenziale, per costruire la struttura interna della futura scultura, in modo che essa mantenga una sua vita espressiva, organica e animale. Stilizzando al massimo il disegno, l’artista trova le linee che rappresentano le curve per le forme plastiche dalle quali si cristallizza il profilo o la veduta frontale.  Sebbene le forme del disegno bidimensionale si avvicinino all’ideale del design, se ne distinguono sensibilmente per la loro inadempienza a qualsiasi esigenza utilitaristica, e sviluppano piuttosto reminiscenze vitali. Perfezionando i disegni al computer, Gabriels ritaglia le forme guida per la scultura provvisoria in carta, che successivamente realizza in plastica, riempiendo le cavità di resina e ottenendo in tal modo il prototipo per la definitiva scultura in bronzo.

Le forme esterne possono rievocare immagini “trascendentali”, figure che trascendendo il reale ci appartengono in maniera inconsapevole. Ciò che si svela dietro le apparenze sfugge allo sguardo, scivolando sulle superfici specchianti delle opere: concetti impalpabili di filosofia o evocazioni di esperienze culturali, che spesso si catturano solo attraverso la materia solida del bronzo con cui sono modellate. Queste sculture wunderkammer sono l’espressione di un mondo fantasmagorico, in cui forme zoomorfe si fondono con le fattezze di esseri alieni, generando figure dal complesso valore metaforico. Quasi fossero prodotte industrialmente per il loro aspetto liscio e perfetto, le creature luccicanti di Gabriels possono talvolta rimandare alle opere di Jeff Koons, artista che esaspera l’aspetto patinato delle sue sculture, gonfiandole e conferendo loro un tocco erotico che ammicca al kitsch.

Gabriels, dal canto suo, riesce a donare alle sue creazioni un’aura di preziosità tenendo le dimensioni contenute e aggiungendo arti, occhi di vetro, piccole sporgenze puntute, componenti che spesso ricordano forme organiche o inscenano anatomie immaginarie. Per realizzare le sue opere, piccoli totem di qualche religione dove feticci e talismani incarnano antiche credenze popolari o animismi contemporanei, Gabriels ricorre perlopiù a metalli come il bronzo, che gli consentono di sbizzarrirsi tecnicamente ed esteticamente con elementi sottili ad incastro. Questi ultimi sono una particolarità di molte sue sculture, le quali si svelano composte da numerosi elementi embricati, contenuti o ingranati l’uno nell’altro come in un meccanismo d’orologeria. Solo grazie a particolari resine è possibile riprodurre prototipi così complessi, che segnano i passaggi necessari per arrivare all’utilizzo della tecnica finale, vale a dire alla fusione a cera persa, e così all’opera in bronzo.

Quando l’artista compone o scompone le sue opere in pubblico, assume quasi le sembianze di un taumaturgo, il quale – con guanti bianchi – mostra i complessi meccanismi interni. Talvolta trasforma una figura in un’altra, aprendola, o ne tira fuori esseri inaspettati. Che a loro volta costituiscono opere complete. Come durante un rito mistico, nelle sue performances Gabriels tratta le sue creazioni al pari di reliquie, giocattoli primordiali eppure modernissimi che mutano miracolosamente sotto gli occhi incuriositi degli spettatori.